
Favole al Computer
Con tanto onore e un pizzico di vergogna, sono stato invitato a compiere un intervento sulle Favole al Telefono di Gianni Rodari, all’interno di un reading letterario realizzato dalla mia vecchia scuola, l’IIS Eliano-Luzzatti di Palestrina, per celebrare assieme la sua nascita, avvenuta 100 anni fa.
Sono state selezionate cinque Favole che gli alunni delle I A AFM, SU, LIN, I B LES, I E LES hanno riproposte in una chiave inedita, realizzando dei video.
Il video della diretta FB è visualizzabile a questo link: https://fb.watch/2bQ4geRXKD/ o cliccando sull’immagine qui sotto.

Purtroppo non riesco ad incorporare il video come si dovrebbe!
Il mio intervento si è focalizzato su quattro aspetti, due affrontati più come pedagogista, due più come cantastorie, non tanto nella forma, quanto con l’idea che i contenuti potessero essere rivolti più ai ragazzi:
Logica e Fantastica
In ogni errore giace la possibilità di una storia
G. Rodari, Grammaica della fantasia
La logica di noi adulti è sempre molto legata ad una razionalità asfissiante, che blocca, condanna, concettualizza, crea inferenze. Non c’è spazio per l’immaginazione, la fantasia, tanto meno quella fantastica di cui parla Novalis e che Rodari riprende a piene mani: “Se avessimo anche una Fantastica, come una logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare“.
Accettare l’errore – non in maniera razionale -, convivere con l’errore, capire che è parte di noi potrebbe essere sia un modo per distaccarsene, sia la condizione per creare parole giuste che esistono in opposizione alla parola sbagliata: creeremmo in tal senso il binomio fantastico. (ibidem, pag. 37)
Indipendenza e Compagnia
C’era una volta…
G. Rodari, Favole al telefono, Introduzione
… il ragionier Bianchi, di Varese. Era un rappresentante di commercio e sei giorni su sette girava l’Italia intera, a Est, a Ovest, a Sud, a Nord e in mezzo, vendendo medicinali. La domenica tornava a casa sua, e
il lunedì mattina ripartiva. Ma prima che partisse la sua bambina gli diceva: – Mi raccomando, papà: tutte le sere una storia.
L’educazione che veicoliamo in ogni manuale, in ogni teoria, in ogni azione è sempre volta all’indipendenza. Giustamente, aggiungerei. Però non c’è indipendenza senza un legame stretto tra le figure di riferimento, tra figli e genitori, o, nell’accezione propria della psicologia moderna, tra bambini e care giver. La bambina che ascolta le favole raccontate al telefono dal ragionier Bianchi chiede espressamente la presenza – distante – del padre: tutte le sere una storia. Quale arroganza, griderebbero i pedagogisti d’occasione! Quale richiesta di crescita, aggiungerei io!
Se l’adulto è distratto, indaffarato, distante, non può essere anaffettivo, diversamente presente, slegato dal suo ruolo genitoriale; sono i bambini a chiederlo e le loro parole sono in realtà le parole offerte dalla fiaba. Dice infatti Rodari: «la fiaba è per il bambino uno strumento ideale per trattenere con sé l’adulto». (G. Rodari, Grammatica della fantasia)
Il filo del telefono, oggi come allora
Nella diretta Facebook ho mostrato due libri, entrambi delle Favole. Il primo, ormai con i suoi anni, apparteneva a mamma che lo usò dapprima come testo di studio (ha fatto il magistrale, ex liceo delle scienze umane), poi come testo di lettura per me, nei miei primi anni di vita. Mi introdusse alla lettura attraverso l’ascolto di queste storie. Il secondo libro è una nuova edizione delle Favole al telefono, pubblicata in occasione dei 100 anni dalla nascita del maestro di Omegna; probabilmente sarà il mio testo, che userò per scuola quando mi capiterà di spiegare la letteratura dell’infanzia e il suo contributo pedagogico.

Entrambe le edizioni parlano di un telefono e sebbene gli smartphone moderni non sono certo i vecchi telefoni a disco di allora, c’è qualcosa che li accomuna e io l’ho identificato nel filo. Quello reale, a muro che, paradossalmente, lasciava tutti noi liberi di separare lo strumento della comunicazione dalla comunicazione come strumento relazionale; quello simbolico, odierno, che benché sia immateriale, lega le persone, le loro storie, le loro emozioni. Può essere attraverso un’emoticon, una frase… ma ancora di più, è la richiesta di esserci, di essere legati, di vedere nell’adulto una figura sì importante, sì di insegnamento, ma divertente, che stupisce, che mi permette di creare con lui un legame profondo.
L’utopia a servizio dell’educazione
Molto spesso l’immaginazione ci porta a credere che il contenuto della fantasia sia semplicemente irrealizzabile, utopistico. Qualcosa che è ci emoziona, ci entusiasma, ma che poi non abbia quel legame con la vita vera. Un po’ come avviene in una delle Favole, Uno e sette:
Ho conosciuto un bambino che era sette bambini.
G. Rodari, Favole al telefono
Abitava a Roma, si chiamava Paolo e suo padre era un tranviere.
Però abitava anche a Parigi, si chiamava Jean e suo padre lavorava in una fabbrica di automobili.
Però abitava anche a Berlino, e lassù si chiamava Kurt, e suo padre era un professore di violoncello.
Però abitava anche a Mosca, si chiamava Juri, come Gagarin, e suo padre faceva il muratore e studiava matematica.
Però abitava anche a Nuova York, si chiamava Jimmy e suo padre aveva un distributore di benzina.
Quanti ne ho detti? Cinque. Ne mancano due: uno si chiamava Ciú, viveva a Shanghai e suo padre era un pescatore; l’ultimo si chiamava Pablo, viveva a Buenos Aires e suo padre faceva l’imbianchino.
Paolo, Jean, Kurt, Juri, Jimmy, Ciú e Pablo erano sette, ma erano sempre lo stesso bambino che aveva otto anni, sapeva già leggere e scrivere e andava in bicicletta senza appoggiare le mani sul manubrio.
Può mai essere che un bambino sia uno e sette? Come può la nostra logica razionale contemplare un assurdo così grande? Qui ci troviamo di fronte a una grande utopia, cioè a qualcosa che è irrealizzabile, che non esiste!
Per gli adulti magari è così, ma cedere proprio ora alla razionalità non rende onore a quanto i bambini sanno invece portare nel mondo, grazie alla loro capacità di fantasticare. Rodari la intuisce e ne intuisce non solo il valore creativo, ma il valore politico dell’immaginazione, che al tempo stesso è anche valore educativo. Si conclude così, la fiaba:
Ora sono cresciuti tutti e sette, e non potranno più farsi la guerra, perché tutti e sette sono un solo uomo.
G. Rodari, Favole al telefono
L’immaginazione crea un mondo migliore.